Alberi al tramonto

La seconda primavera dell’energia geotermica in Italia

WIRED: L’Italia ha un alto potenziale geotermico, ma lo sfrutta pochissimo. Gli incentivi per la transizione ecologica, però, potrebbero rivoluzionare il settore. Un’azienda di Bolzano vuole costruire fino a cento impianti per decarbonizzare la penisola

Quando si parla di energia geotermica in Italia, ovvero dello sfruttamento del calore sotterraneo per il riscaldamento e l’elettricità, i discorsi tendono a virare verso le glorie passate – le origini etrusche, la prima centrale al mondo a Larderello nel 1911 – piuttosto che sui risultati presenti. La parola che viene ripetuta più spesso è “potenzialità”: l’Italia ne ha tante, in effetti, ma le sfrutta solo in piccolissima parte. Il nostro paese ha un potenziale energetico geotermico di 5.800-116.000 terawattora (il fabbisogno elettrico annuo è di circa 317 TWh), però ne ricava appena 6 TWh.

La geotermia, in realtà, è di nicchia in tutto il mondo, ma la transizione ecologica potrebbe darle l’occasione per espandersi: è una fonte rinnovabile, a bassissime emissioni, che permette di produrre sia energia elettrica sia termica e che è continuativa nella generazione (l’eolico e il fotovoltaico sono invece intermittenti, perché dipendono dal meteo). L’Unione europea e gli Stati Uniti vogliono sostenerla con il Net-Zero Industry Act e con l’Inflation Reduction Act, le rispettive leggi di stimolo alle “tecnologie pulite”. Il governo italiano non l’aveva inclusa nel Fer1, il decreto di incentivazione alle rinnovabili del 2019, ma le darà spazio nel successivo Fer2, non ancora pronto.

Uno dei motivi per i quali la geotermia è poco diffusa è il rischio iniziale di investimento che gli operatori devono assumersi. A differenza di quello ventoso e solare, il potenziale geotermico di un sito non è facilmente percepibile: la risorsa si trova sottoterra, per accedervi bisogna perforare un pozzo, e una volta raggiunta si può scoprire che la sua resa effettiva è molto inferiore di quella stimata. A quel punto, rientrare delle spese si fa difficile. “In Spagna hanno costituito un fondo che, nel caso di assenza della risorsa geotermica nel pozzo di esplorazione, rimborsa l’80 per cento delle spese sostenute”, spiega a Wired Florian Gostner, direttore operativo di Fri-El Geo. “Anche Francia e Olanda hanno costituito una legislazione semplificata per la geotermia che prevede importanti incentivi. Noi aspettiamo la promulgazione del decreto Fer2 in Italia”.

Il Progetto Pangea

Fri-El Geo è un’azienda bolzanina che sviluppa e costruisce impianti geotermici. Di recente ha presentato, ottenendo il parere favorevole del ministero dell’Ambiente, un progetto per la realizzazione sul territorio italiano di quindici stabilimenti entro una decina d’anni, finalizzati alla distribuzione di energia nei centri abitati e nelle zone industriali.

Il Progetto Pangea vuole contribuire alla decarbonizzazione del paese – dice Gostner -. Ci concentreremo inizialmente sul nord Italia, per esempio a Milano e a Pavia, dove possiamo sfruttare le reti di teleriscaldamento già presenti e dove c’è un maggiore fabbisogno energetico” per via delle numerose fabbriche. “Ma abbiamo dei piani anche per il sud e il centro Italia”: esistono risorse geotermiche in Toscana (Monte Amiata), in Campania (Campi Flegrei) e in Sicilia (isole Eolie).

Il primo impianto del Progetto Pangea è in fase di costruzione a Ostellato, un piccolo comune nella provincia di Ferrara, in Emilia-Romagna. “A Ostellato abbiamo una serra idroponica di trenta ettari che produce frutta e verdura tutto l’anno. È molto energivora – racconta il direttore di Fri-El Geo -. La risorsa geotermica fornirà l’energia per riscaldare e per illuminare la serra, in modo da non avere più bisogno delle fonti fossili. Inoltre, andremo a realizzare una rete di teleriscaldamento per la zona industriale vicina al campo pozzi. Per avere un’idea del potenziale di un progetto del genere, un impianto come quello di Ostellato permette di produrre abbastanza energia termica per riscaldare circa 120.000 abitazioni”.

Considerato il potenziale di partenza del territorio italiano ma anche le difficoltà incontrate fino a oggi dal settore, Gostner pensa che, “realisticamente”, nel giro di dieci-quindici anni si potrebbero realizzare “una cinquantina di impianti geotermici, ciascuno con una potenza tra i 200 e i 250 megawatt termici, che corrispondono a 20-30 megawatt elettrici”. Se il Progetto Pangea dovesse venire ultimato – cento installazioni in tutto, di cui quindici già in pipeline nella pianura Padana, e 6,6 miliardi di euro di investimenti –, l’energia generata permetterebbe di evitare il consumo di 9,6 miliardi di metri cubi di gas naturale e l’emissione di 17,3 milioni di tonnellate di CO2.

Il progetto di Ostellato consiste in un impianto geotermico a media entalpia (dal calore compreso tra gli 80 e i 150 gradi Celsius circa) e a ciclo chiuso, accoppiato a un sistema di Organic Rankine Cycle per la produzione di energia sia termica che elettrica. Il sito consiste di otto pozzi in tutto, quattro di estrazione e altrettanti di reiniezione dei fluidi prelevati. “La falda idrica non la tocchiamo, non c’è rischio sismico e non modifichiamo gli ecosistemi”, precisa Andrea Ferrara, responsabile delle relazioni industriali di Fri-El Geo. L’impianto dovrebbe essere pronto nel 2025.

Centrale elettrica al tramonto